“Venite dietro a me”: è la prima frase che Giacomo e Giovanni si sentirono rivolgere, in un giorno di lavoro come tanti altri, da Gesù che passava. E i due fratelli lasciarono tutto, per seguirlo! Qualcosa di simile è accaduto anche a noi, 18 giovani pellegrini della nostra diocesi fiorentina (tra i quali anche 3 sacerdoti, 3 seminaristi e 3 consacrate): ci siamo sentiti raggiungere e, letteralmente, smuovere dall’invito del Centro Diocesano di Pastorale Giovanile a metterci in cammino per cogliere la grazia di questo Anno Santo Jacobeo. Sulle strade della Toscana, da Firenze, passando per Prato, fino a Pistoia, la “Piccola Santiago”.
“Piedalando”: un pellegrinaggio fatto coi piedi, certo, ma anche con le ali del desiderio, quello di lasciarci incontrare da Gesù ed abbracciare dalla sua misericordia. “Questo pellegrinaggio è stata un’occasione staccare dal quotidiano, con le sue luci e il suo rumore – sono le prime parole di Edoardo – e fare silenzio nel cuore. Per stare con Gesù e lasciarLo parlare. E così confrontarmi con Lui, ma anche con me stesso… e con ciò che Dio vuole da me”. E per imparare ad ascoltare il Signore, a vivere l’amicizia con Lui, a seguirLo, perché non farci furbi e mettere i passi sulle orme di chi, come San Giacomo, ha già raggiunto la meta? Le tappe, dalla chiesa di San Jacopino, passando poi per Campi Bisenzio, Prato, Montemurlo, Montale, sono state così accompagnate da brevi meditazioni sui brani evangelici riguardanti la vita del Santo Apostolo. Dalla chiamata sul lago di Galilea all’esperienza luminosa della Trasfigurazione (Mc 9,2-10), fino alla domanda di sedere accanto a Gesù nel suo Regno (Mc 10,35-45): domanda certo un po’ troppo umana, ma che ha permesso al Signore di rivelare, all’apostolo ed anche a noi, che non c’è altra gloria che quella del servizio, che accogliere la croce, amare, donare se stessi è l’unica via per vivere in pienezza. E poi ancora la preghiera di Gesù all’inizio della sua passione, al Getsemani (Mc 14, 32-42), con Giacomo che prima si addormenta, e poi fugge… E il Signore Risorto, che gli va incontro, lo rialza e lo invia, insieme agli altri Undici, verso una missione cosmica: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15)!
“La cosa che mi ha colpito di più è stato lo stare insieme, il camminare insieme, come 2000 anni fa i discepoli con Gesù, ma soprattutto l’ascoltarLo, cioè la Parola di Dio che ci ha accompagnato in questi giorni” esclama Giovanni “Mi ha colpito che anche san Giacomo aveva la sua umanità, e che per trovare la felicità piena ha dovuto anche lui imparare a seguire Gesù, e non solo i propri impulsi, idee, emozioni…”. “Giacomo è davvero un compagno di viaggio – gli fa eco Filippo – Per me lo è stato fin da prima di entrare in seminario. Ma ne ho fatto ancora una volta l’esperienza: San Giacomo è davvero il patrono dei pellegrini, lui cammina con noi!”. Ed arrivare davanti alla Porta Santa della cattedrale di San Zeno, attraversarla e trovarsi davanti la reliquia di San Giacomo ha profondamente toccato il cuore di Lorenzo: “Lungo tutto il cammino Giacomo ci ha fatto compagnia… E alla fine trovarmi lì, sapere che quel frammento osseo apparteneva a un uomo che ha conosciuto Gesù, che ci ha parlato, l’ha visto, ci ha mangiato insieme, vedere quella reliquia… ha dato corpo a tutto quello che abbiamo detto e vissuto”.
E quante cose abbiamo vissuto! Per Elisabetta anche l’inaspettata e grande fatica fisica ha preso senso, non è andata perduta: “Ho toccato i miei limiti” dice inizialmente. Per poi aggiungere: “Ho toccato i miei limiti e mi sono lasciata amare. Ma in uno scambio, cercando cioè a mia volta di donare agli altri, di non chiudermi, partecipare!”. C’è poi suor Anna, che mette a fuoco con poche parole l’esperienza: “tanto semplice, quanto piena di incontri belli e profondi”. I volti, gli occhi sorridenti sotto le mascherine, la cura, l’accoglienza… Come quella di don Bledar, che, all’arrivo alla Chiesa di Santa Maria a Campi Bisenzio, ci ha accolti con indosso gli abiti liturgici e, di fronte al nostro stupore, ci ha ripetuto: “Chi accoglie un pellegrino, accoglie Cristo”. O il grande pranzo che ci è stato riservato alla pieve di Santo Stefano, con tanto di “pane, vino e zucchero”, il tipico pasto del pellegrino. E poi la cena “regale” nel convento di San Domenico a Prato, e la prossimità di padre Simone, incaricato di Pastorale Giovanile della diocesi di Pistoia, che ci è venuto incontro ed ha percorso con noi le ultime 2 ore di cammino. Fino alla cura e alla paternità che abbiamo sentito da parte della Chiesa e dei suoi vescovi: “Ricorderò sempre l’atmosfera che si è creata quando siamo arrivati a Prato, al crepuscolo, e nel chiostro così bello del Convento di San Domenico abbiamo ascoltato le parole del vescovo Giovanni Nerbini – ricorda Mattia – Parole brevi ma intense: ci ha fatto riflettere sul fatto che il cammino non finisce in questi 2 giorni, ma si fa tutti i giorni!” Perché il vero pellegrinaggio è quello interiore, e chiede di mettersi in movimento ogni giorno, con decisione ma anche con la pazienza di chi sa attendere perché si fida di Dio! Ed è stato poi il nostro vescovo, il cardinale Giuseppe Betori, che è venuto a Pistoia a far festa con noi, celebrando la Messa al nostro arrivo, a ricordarci altre due coordinate fondamentali per il cammino della vita: rimanere nell’essenzialità, saper lasciare ciò che è superfluo, e l’importanza di avere una meta. “Non si può camminare senza avere chiara la meta. Il Signore è la strada sulla quale, insieme, camminiamo e la meta alla quale, insieme, siamo chiamati ad arrivare”!
“Riparto con la gioia e la pace, per aver visto, durante questo pellegrinaggio così semplice, che l’opera di Dio va avanti! Anche in un tempo così faticoso e complicato il Signore continua a intessere storie di salvezza e opportunità di gioia” dice sorridente don Leonardo, vice-responsabile del Centro diocesano di Pastorale Giovanile. E alle sue parole fanno eco quelle di don Renato, finora incaricato diocesano ma ormai prossimo a partire per una nuova grande missione: l’invio come sacerdote “fidei donum” a Salvador Bahia, in Brasile! “Mi sono detto: Caspita! Forse questo piccolo pellegrinaggio sarà l’ultima esperienza estiva che farò coi giovani della diocesi! E questa cosa mi ha dato la libertà di godermelo a pieno, staccandomi dai dettagli organizzativi per godermi la compagnia, le relazioni. E sono contento! Se questa, per un po’, è l’ultima esperienza estiva, allora sono contento che sia stata così: molto semplice, bella ed anche con un grande coinvolgimento di chi ha partecipato. Tutti coloro che c’erano non cercavano semplicemente un’impresa umana o sportiva, ma un’esperienza spirituale!” Come Luca che, sul treno, al ritorno, è sì stanco, eppure non sogna la “divano-felicità” (cit. Papa Francesco), non ha nessuna intenzione di fermarsi, proprio adesso che arriva il bello… “Ho capito che devo camminare, che è bello camminare, così come sono, lasciando che il Signore mi venga a trovare attraverso le persone che mi stanno accanto… Accogliere con gratitudine quello che accade e che ricevo, senza che io ne abbia alcun merito!”
Turista è chi passa senza carico né direzione. Camminatore chi ha preso lo zaino e marcia. Pellegrino chi, oltre a cercare, sa inginocchiarsi quando è necessario. (San Riccardo)
Sr Ilaria Convalle, per l’equipe diocesana di Pastorale Giovanile